Autore: G.P. Rossi
Casa editrice: self-publishing
Genere: romanzo storico
Numero pagine: 164
Trama
La storia inizia con l’apertura da parte della Pontificia accademia romana di archeologia della tomba di Raffaello nel 1833, momento in cui la sua autenticità verrà messa in discussione. Si prosegue, poi, tornando indietro fino al 1520, pochi giorni prima della morte di Raffaello, artista ricco e circondato da amici, come il banchiere Agostino Chigi o il suo discepolo preferito, Giulio Romano, ma soprattutto da nemici, come il rivale alla Fabbrica di San Pietro, l’artista Antonio da Sangallo, o il cardinale Bernardo Dovizi da Bibbiena che, saputo del matrimonio segreto dell’artista con la Fornarina, vuole attentare alla vita della sua amata.
Tra particolari storici, incastrati in maniera certosina, e personaggi realmente esistiti, come l’alchimista Zoroastro da Peretola (discepolo di Leonardo da Vinci) e la strea Bellezza Orsini, che intrecceranno le loro vite con il divino Raffaello, sarà proprio in una Roma del 1520, con i suoi Rioni e in mezzo al suo magnifico Tevere e ai suoi porti, che, prima di morire, l’artista troverà gli spunti per finire il suo più grande e ultimo capolavoro, la Trasfigurazione, in cui inserirà un rivoluzionario messaggio che gli costerà la vita.
Recensione
Il romanzo inizia con la descrizione del ritrovamento della tomba di Raffaello Sanzio da Urbino nel settembre del 1833 nel Pantheon di Roma, in seguito agli scavi promossi da una serie di dignitari e rappresentanti della curia, tra cui il principe Pietro Odescalchi, dopo che per trecento anni la sua collocazione è rimasta un mistero.
La bara è in semplice legno di abete, non foderata di piombo e priva di oggetti cari al pittore, contrariamente ai costumi dell’epoca, quindi sarà quella giusta o è stato un altro buco nell’acqua?
Terminato il prologo, l’autore ci fa ripercorrere gli ultimi giorni di vita del grande artista, morto a Roma il 6 aprile del 1520.
Il libro è scritto veramente bene, è avvincente e si capisce che la ricostruzione dei fatti ed il delineamento dei personaggi è frutto di lunghe ricerche da parte dello scrittore.
Nel romanzo è descritta non solo la vita di Raffaello Sanzio, ma anche le interazioni con persone realmente esistite ed a lui vicine, come il suo discepolo favorito Giulio Romano, il banchiere Agostino Chigi, la moglie (forse) sposata in gran segreto Margherita Luti detta “La fornarina”, papa Leone X, l’alchimista Zoroastro e la “strea” Bellezza Orsini.
L’autore narra come Raffaello si fosse avvicinato alle idee di Martin Lutero, probabile movente del suo assassinio (anche se in realtà non c’è certezza neanche di questo), e come insieme ai “Fedeli d’amore” avesse l’obiettivo di liberare la Chiesa romana dagli interessi politici, dalla corruzione e dalla sete di potere.
A tal fine sia lui che gli altri artisti della congrega trasmettevano messaggi al popolo inserendo dei simboli nelle opere, perché “I dipinti sono i messaggeri più adatti per infondere un ideale. Se ci pensate, non tutti sanno leggere, ma sono in grado di vedere.” [..] “Non sottovalutate la potenza di far girare voci che possano compiacere i bisogni delle persone.”
Pochi minuti prima di morire, il pittore mostrerà a Giulio Romano, Agostino Chigi e Margherita “La trasfigurazione” e svelerà loro le sue intenzioni interpretando l’opera stessa.
Alla fine del libro, G.P. Rossi ha inserito un’appendice con una breve biografia di tutti i personaggi realmente esistiti e citati nel romanzo, assolutamente interessante per chi ne vuole saperne di più.